Perchè Neverwinter è una traduzione migliore di Verdinverno
L'altra sera però la discussione al tavolo si è accesa perchè ho scoperto che una persona aveva un punto di vista completamente diverso dal mio sull'argomento. La cosa che però mi è spiaciuta è non essere riuscito a spiegargli chiaramente il motivo per cui consideravo la traduzione sbagliata.
Partiamo dal presupposto che in generale possiamo avere opinioni diverse sulla qualità della traduzione e che in certi casi non c'è un buon modo per trasporre qualcosa da un linguaggio all'altro.
I nomi in particolare sono qualcosa che risultano sempre difficili da tradurre. Purtroppo non c'è una regola generale. Possiamo però fare riferimento a questi testi in particolare:
- Salmon, Laura, Teoria della traduzione (link)
- Diadori, P., Tradurre: una prospettiva interculturale (link)
- Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa (link)
Ciò che emerge da questi testi è che la traduzione deve essere impostata in base al lettore destinatario dell'opera e deve mantenere il corretto equilibrio tra omologazione e estraniamento, oltre che allo stile dell'opera.
Faccio alcuni esempi esplicativi:
- Schneewittchen diventa Biancaneve perché il lettore di destinazione sono i bambini;
- Paul e Max vivono in America diventano Paolo e Massimo vivono in America, questa omologazione parziale (poteva essere tradotto con Paolo e Massimo vivono in Italia...) crea un effetto incongruente perché il contesto è realistico;
- New York City si traduce in New York (perché per un italiano si sta parlando della città), New York si traduce con lo stato di New York (perché in italiano New York non rappresenta lo stato).
Nel nostro caso, l'utenza non sono i bambini così piccoli da aver bisogno di un adulto che legga loro il testo. Il pubblico di riferimento è composto da giovani e adulti (e diversamente giovani, tipo me).
Per questa ragione non è necessario tradurre i nomi di partenza.
Dal punto di vista dell’omologazione, si potrebbe trovare un appiglio per tradurre i nomi: in un fantasy, che è già uno spazio “altro” e immaginario, adattare i nomi alla lingua del lettore non creerebbe le stonature culturali che invece si avrebbero in un testo realistico.
Infine, lo stile dell'opera è un fantasy epico, per cui non è corretto tradurre i nomi perché porterebbe al mondo delle fiabe perdendo il suo tenore epico.
Tirando le somme, l'omologazione resta l’unico possibile motivo a favore della traduzione. Gli altri due elementi — il pubblico di riferimento (non bambini piccoli, ma lettori in grado di cogliere o apprezzare l’esotismo del nome originale) e lo stile epico dell’opera — vanno chiaramente nella direzione opposta: mantenere i nomi come sono, perché rendono meglio l’atmosfera e il tono del mondo creato.
Quindi possiamo sicuramente bocciare Verdinverno.
Possiamo anche promuovere Neverwinter perché normalmente quando l'opera non è legata all'infanzia si lasciano i nomi come sono.
Fermo restando che il testo di partenza è in lingua americana e che ritengo che la maggioranza dei lettori abbia sufficienti competenze per riuscire a tradurre dall'inglese (suona strano che giovani italiani nel 2025 non sappiano l'inglese base per riconoscere i termini never = mai e winter = inverno), mi sono anche chiesto, come si potrebbe tradurre mantenendo il tono epico (che si perde con Grande Inverno — anzi, no scusate, Verdinverno).
Quello che possiamo fare è chiederci in che modo gli autori di fantasy epico italiani approcciano i nomi dei luoghi.
- Licia Troisi: Salazar, Laodamea, Makrat, Seferdi la Bianca, Narbet, Assa (Cronache del Mondo Emerso)
- Simone Laudiero: Cartavel, Sarmora (Gli eroi perduti)
- Mattia Manfredonia: Cliffmouth, Krakenfalls (le notti di Cliffmouth)
- Max Peronti: Alkum, Silvcyt (Omega. L'armata dei ribelli)
Quello che si nota è che sono stili diversi, ma una cosa l'hanno in comune, nessuno usa aggettivi italiani per descrivere un luogo. Usare un nome di luogo con un suono diverso dall'ordinario è una tecnica che dà immediatamente una sensazione di esotismo. Basta questo a mettere subito in chiaro che la storia è ambientata in un altro luogo, un luogo fantastico.
Alla luce di questo, non penso che proprio abbia senso tradurre Neverwinter.
✅ Conclusione sintetica
Tradurre i nomi propri fantasy anglosassoni con calchi descrittivi italiani (come "Montenero", "Valfosca", ecc.) non è fedele all’intento creativo, e non riflette il modo in cui un autore fantasy italiano creerebbe realmente un toponimo.
Serve un approccio più culturale che letterale, ispirato alla poetica della lingua, non solo al significato delle parole.
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