Normalmente scrivo i background come se essi venissero raccontati in prima persona dal personaggio. È un metodo che ritengo molto efficace e diventa utile per chi lo scrive e lo legge per sentire proprio il personaggio, quindi un buon metodo per chi si scrive da solo il background ma anche per chi lo scrive per altri (ad esempio per un'avventura demo con personaggi prefatti o per un torneo).
Per questo background invece vorrei descrivere gli eventi salienti del passatto di Christalf (il nome del personaggio) in forma di racconto breve. È un qualcosa su cui rimugino da parecchi giorni e non so se il risultato finale sarà all'altezza delle mie aspettative.
Andiamo ad iniziare...
L'acqua del torrente defluiva lentamente e sussurrava un discorso che all’elfo seduto sul bordo provocava una sensazione di coesione con l’ambiente circostante. Sospirò ancora abbassando lo sguardo incapace di interessarsi ai piccoli pesci argentati che nuotavano veloci inseguendo invisibili richiami. Guardò ad ovest verso la città fra gli alberi, centro nevralgico del suo popolo, sospirò di nuovo e guardò ad est, verso il territorio degli uomini. Se i pesci avessero prestato attenzione a lui, al suo volto, avrebbero notato come il pensiero del mondo degli uomini gli avesse addolcito lo sguardo. Scosse la testa e la portò nuovamente al torrente, quasi fosse interessante guardarlo scorrere immutato, strinse più forte il suo pugno e si alzò di scatto dirigendosi a ovest.
Mentre percorreva veloce le vie di Arboria, la capitale, la gente lo salutava. «Ben tornato mio signore!”, gli disse una anziana elfa, «Onore al principe.», gli disse un mercante, alcuni dei suoi soldati si misero sull’attenti. Riconobbe ad un certo punto Fhaialf, il suo vice quando era al comando, stava, assieme alla sua amata, guardando degli abiti e scambiandosi sguardi di appartenenza l’uno all’altra. Fece per andarsene ma Fhaialf lo notò e lo salutò, «Comandante!», disse mettendosi sull’attenti.
«Non hai bisogno di questa formalità con me Fhaialf.», rispose. Il suo vice, che era quanto di più vicino ad un amico avesse, sussurrò qualcosa alla sua compagna e lo raggiunse.
« Raikalf, mio signore, mio comandante, mio amico. Al fine avete raggiunto la decisione di restare?»
« Mio caro Fhaialf, sono l’erede al trono e non posso abbandonare il mio popolo. Ma il cuore non più mi appartiene e dovrò sciogliere la promessa fatta a Lorellen e poi convincere mio padre ad accettare colei che sarà la mia compagna di vita.»
« Ciò a cui vai incontro rende la battaglia di Kolima una sciocchezza.»
« Se un giorno dovrò guidare il mio popolo, dovrò affrontare problemi ben maggiori di questi. Ora lasciami andare e stai con la tua promessa, ho già rubato più del tempo che mi è permesso ai vostri momenti.»
Bussò tre volte alla porta delle stanze di Lorellen e una voce dal tono malinconico disse dall’altra parte: « Entrate pure mio signore, il vostro arrivo mi è stato annunciato.»
Raikalf aprì la porta e si fece avanti, Lorellen era seduta su un comodo scranno, gli occhi atteggiati a delusione, ma pieni di una forza interiore invidiabile. Indossava un abito di broccato tra i più pregiati e stava esprimendo al massimo la sua femminilità. Raikalf si accorse di trattenere il fiato e cercò di rilassarsi, turbato da una visione così elevata di bellezza. La giovane, fiorita durante gli anni in cui lui guidava l’esercito degli elfi, lo notò e si alzò turbando ulteriormente il suo amato.
« Gli altri soldati sono già nelle braccia delle proprie amate, perché, mio signore, avete così tardato nel venirmi a far visita. Vi siete forse dimenticati della nostra promessa, di quando ci siamo amati avvolti nel tepore del sole al tramonto?», disse mostrando un broncio.
« Proprio perché non l’ho dimenticato è stato così difficile fare questo passo, e ancora di più lo è ora che vi vedo e rimango senza parole, pur consapevole di dovervi parlare.»
Il broncio sparì dal volto della giovane elfa, fece posto ad un vittorioso sorriso, così come gli occhi divennero forti come quelli di una pantera che pregusta la sua preda. Gli si avvicinò e fece per baciarlo. Raikalf fece appello a tutte le sue forze per sottrarsi e lo fece girando il capo, chiudendo gli occhi e facendo un passo indietro. Il dubbio velò il volto di Lorellen.
« Perché vi ritraete mio signore, non abito più il vostro cuore?», disse con una voce straziata dal dolore.
Senza guardarla negli occhi Raikalf parlò:« Lorellen, le nostre famiglie approvano il nostro rapporto, fin da bambini siamo cresciuti assieme. Ci hanno fatto crescere assieme proprio perché speravano che ci saremmo amati. Tu sei stata la prima per cui il mio cuore ha battuto e con sincerità ti promisi che sarei tornato.», fece una pausa, deglutì e riprese,« Sono tornato, ma il mio cuore non ti appartiene più. Mentre ero lontano a combattere ho conosciuto una donna umana e ci siamo amati. »
« Ma io ti perdono mio signore! La guerra è così straziante, così difficile da sopportare. Il tuo cuore aveva bisogno di amore per poter andare avanti, io non ero là e tu hai trovato l’abbraccio di un’altra donna. Non importa, importa solo che tu sia tornato!», si affrettò a dire Lorellen.
« Non capisci Lorellen… Quella donna mi ha dato una figlia. Io le amo entrambe. Non dico bugie se ti dico che ancora nutro affetto per te, ma non possiamo più amarci. Io sono di un’altra.»
L’orrore riempì gli occhi di Lorellen e guardò il principe tra le lacrime. Il principe sospirò, abbassò nuovamente lo sguardo ed usci silenzioso dalla stanza.
« CHE COSA!», tuonò il re, « TU NON PORTERAI QUI QUELLA DONNA!»
« Padre, ella sarà la mia sposa con o senza il vostro permesso. Ella mi ha dato una figlia ed io non la disconoscerò. Se questo reca disturbo alla famiglia reale sono pronto ad abbandonare il mio titolo ed il mio cognome e ad accettare l’esilio.»
Respirando affannosamente, a stento trattenendo l’ira, il re tuonò nuovamente:« SEI UNO SCIOCCO! SEI UN INDEGNO RAPPRESENTATE DELLA NOSTRA STIRPE! LORELLEN TI SI È CONCESSA IN VIRTÙ DELLA TUA PROMESSA. ORA PENSI DI CANCELLARE IL PASSATO CHIEDENDOLE SOLTANTO SCUSA?»
« Non ho altra scelta padre.»
Con la concentrazione tipica dello schermidore, il re aggiunse:« E a tuo figlio che scusa racconterai?»
« Figlio?», rispose con tono incerto.
« Lorellen è rimasta incinta la notte in cui avete soggiaciuto, hai un figlio di tre anni. Strano che non te l’abbia mostrato…»
Le parole echeggiavano nel soggiorno della piccola casa di mattoni. Sue piangeva a dirotto pregando Raikalf di non abbandonarle, Raikalf a sua volta piangeva dicendo che non c’era altro modo. Nell’altra stanza la piccola si era svegliata ed aveva percepito il dolore proveniente dall’altra parte, in pochi attimi il dolore la sopraffece e stette quasi per iniziare a piangere. Poi l’ombra l’accarezzò, un canto di calma e pace, di sicurezza, la avvolse e la calmò. Tra le ombre si sentiva in pace.
Il giovane elfo se ne stava in disparte ed osservava non visto i 3 monelli. La ragazza li capeggiava. Passarono vicino alla bancarella della frutta, con abilità presero tre mele e sparirono senza farsi notare, se non da lui. Li seguì ancora fino a che non si misero in disparte a gustare le loro mele, i vestiti sporchi e strappati denotavano la loro condizione di povertà e un po’ li giustificava del furto. D’un tratto la ragazza si alzò e disse, « C’è qualcosa che non va, me lo sento!», gli altri ragazzi si alzarono a loro volta dimentichi delle mele. Poi d’un tratto caddero a terra addormentati, tutti tranne la ragazza. L’elfo che l’osservava comprese subito che si trattava di magia, ma non si capacitava di come la ragazza fosse resistita, forse il dono della magia era in lei. Nella piccola piazzetta comparvero due elfi. Il tatuaggio sul collo denotava che fossero assassini.
« E brava la nostra piccola mezzelfa! Hai resistito, ma ora verrai con noi. C’è qualcuno che pagherebbe molto per te.»
« Per me?», rispose con voce tremolante la giovane, « Sono solo una piccola orfana senza soldi.»
« Basta chiacch….», l’elfo non finì la frase perché un coltello gli si conficcò in gola. L’altro farabutto si guardò intorno incapace di comprenderne la provenienza, fino a che non fu ucciso a sua volta. Il giovane elfo si avvicinò alla ragazza.
« Sei fortunata che fossi nei paraggi ragazza, quei due non avevano buone intenzioni.»
« Grazie. », rispose la giovane.
« Io sono Renifil, e mi sa che se vuoi campare a lungo è meglio che ti addestri un po’ all’arte della lotta.»
« Io mi chiamo Christalf.»
Erano ormai due anni che si allenava con Renfil, passava il giorno cercando di racimolare qualche moneta per aiutare la madre. Suo padre era morto in battaglia quando era in fasce e la madre aveva fatto di tutto per provvedere a lei. Suo padre era un elfo e questo non aiutava di certo il suo inserimento nel mondo degli uomini. Di suo ci metteva un’abilità innata al nascondersi e al muoversi in modo furtivo, un sesto senso quasi magico, forse retaggio del suo status elfico. Al tramonto, si allenava con Renfil. Era stato solo l’ultimo periodo che le aveva permesso di mettere chiarezza nel suo cuore, quei battiti accelerati, quel pensare al giovane elfo in momenti inopportuni. Lo amava, ne era certa. Quel giorno glielo avrebbe detto.
Si allenarono per una buona mezzora quando Renfil le disse: « Ormai sei una lanciatrice di coltelli ben migliore di me. L’addestramento è finito.»
« Quindi non vorrai più avere a che fare con me?», chiese la ragazza con tono un po’ imbronciato.
« No, io ci sarò sempre per te.»
Il cuore le salì in gola e i battiti andarono a mille. Gli occhi le si fecero dolci e disse:« Anche io ci sarò sempre per te, io ti amo.», poi gli si avvicinò per abbracciarlo.
L’elfo si ritrasse: « Aspetta Christalf hai franteso.»
La ragazza rabbrividì e impallidì, si sentiva così vulnerabile e sciocca. Lui non l’amava! Questo le rimbalzava in testa e si vergognava così tanto per aver fatto la prima mossa. Le lacrime stentavano ad essere trattenute e Christalf fece per andarsene, quando la forte presa di Renfil la trattenne per il braccio.
« Non devi scappare. Devi sapere una cosa. Io sono tuo fratello e tuo padre non è morto!»
Aveva atteso così tanto ed ora cavalcava al fianco di Renfil per le vie di Arboria. Gli elfi guardavano la mezzelfa e il principe e i più non proferivano parole. Alcuni osavano bisbigliare e Christalf si sentiva molto a disagio. Pensava a tutte le cattiverie che negli anni aveva ricevuto nella città degli uomini, le stesse cose le mormoravano ora nella città degli elfi. Mezzosangue, quanto sarebbe passato prima che qualcuno glielo gridasse in faccia. Proseguì come in trance e non seppe dire come era scesa da cavallo. Venne annunciata al re e alla regina e alla fine fu fatta entrare. Il re non appena la vide si alzò in piedi.
« Christalf, non sai quanto ho atteso questo momento.»
« Tu sei mio padre? », sentiva in se un misto di emozioni che andavano dalla gioia e dalla voglio di abbracciare il padre che per anni aveva creduto defunto, fino alla voglia di litigare verso un genitore che non si era mai fatto vivo in tutti quegli anni. Come spesso accade, furono i pensieri negativi ad avere la meglio.
« Perchè? Sei un re! Io e la mamma abbiamo vissuto nella miseria da sole e tu non ci hai mai aiutato.»
« Christalf non essere così dura con…», fece per mediare Renfil.
« No, Renfil, tua sorella ha ragione. All’inizio avevo giurato a mio padre che non ti avrei mai più vista, quando morì ed io ascesi al trono, non avevo più nessun dovere di mantenere quel giuramento, ma non ebbi la forza di affrontare le mie colpe.»
« Sarei una colpa per te? Anche la mamma?»
« No, non fraintendermi. Ho sbagliato, sbagliato molto nella mia vita. Sarei voluto stare con voi, la mia colpa è non averlo fatto. Sei così bella. Bella come tua madre.», disse il re sopraffatto dall’emozione. La regina stringeva forte i braccioli del seggio, tanto che le nocche le erano diventate bianche. Si alzò d’impulso e disse:« Ho già sentito abbastanza! Scusami giovane mezzelfa, ma non credo di voler sentire altro!» e con sguardo furioso uscì dalla stanza.
« Madre…», cercò di fermarla Renfil.
« Cara aspetta…», disse il re.
Le lacrime solcavano il viso di Christalf, mentre guardava verso il basso. Con la voce rotta dal pianto riuscì a dire: « è stato un errore venire qui. Io sono di troppo. Me la sono sempre cavata da sola e continuerò a farlo.», uscì veloce dalla stanza e Renfil la rincorse. Quando fu fuori non vi era traccia di Christalf, le ombre sembravano averla inghiottita.
« Sorella…», disse lui gravemente.
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