Play unsafe è un libro che chiunque faccia giochi di ruolo dovrebbe aver letto almeno una volta (ma io consiglio almeno due volte). Il libro, del 2009, parla di improvvisazione e di come migliorare il gioco al tavolo usando tecniche e osservando certi approcci. Questo libro ha spezzato l'opinione di chi lo ha letto in due tronconi: chi lo osanna e chi invece lo distrugge. Come spesso accade la verità sta nel mezzo, ossia questo testo è importante per il mondo dei giochi di ruolo, ma non è la bibbia. Quello che mi è parso di notare è che comunque sia difficile, se non impossibile, integrare giocatori che giocano unsafe a giocatori che giocano safe. Mi chiedo quindi se questo aspetto non sia la forte debolezza del libro in questione. Lasciatemi sfogliare insieme a voi le (poche) pagine e vediamo dove andiamo a finire. |
Da quando scrivo il blog mi sono messo ad amare quelle parti dei manuali che normalmente salto a piedi pari: le introduzioni! Le leggo perchè lì di solito si è in grado di capire lo spirito che anima il testo e anche quanto il testo faccia per noi. Di solito se non fa per noi è proprio un testo che dovremmo leggere! In questo libro l'introduzione ci dice queste cose:
- Si parlerà di improvvisazione
- L'obiettivo sarà il divertimo
- Ci saranno tecniche per migliorare il gioco, anche se in maggioranza ci sarà Zen (si chiederà di non fare qualcosa).
- Play: in cui si cerca di cambiare la visione del gioco di ruolo come lavoro, verso un gioco di ruolo come momento ludico.
- Build: si enfatizza come approcciare il gioco in modo da non distruggere le idee degli altri giocatori, ma bensì sfruttarle per far crescere il gioco.
- Status: offre idee su come giocare i personaggi.
- Telling stories: spiega come migliorare le storie.
- Work together: parla di come giocare meglio con gli altri.
Play.
Non posso che essere d'accordo sul concetto che in certi giochi di ruolo, l'attività per giocare una sessione tenda a diventare come un lavoro. Io ho già un lavoro e vorrei portare avanti le sessioni di D&D, ma negli ultimi periodi vedo questa preparazione come un limite, perchè non ho tempo materiale per farla. Quindi sarebbe bello poterla evitare. Il consiglio di Play unsafe è di lavorare meno. Però, come ho letto da qualche parte (mi scuso ma non ho più trovato il link), se devi girare attorno alle regole di D&D non ha senso continuare ad usarlo, per cui passa ad altro!
In questo capitolo viene criticata la pianificazione che il giocatore tende a fare. Secondo l'autore pianificare tende a ridurre il giocare (si aspetta un'occasione per mettere in atto il proprio piano), ad annoiare (il piano si realizzato come atteso), Il risultato della pianificazione è peggiore dell'improvvisato.
La prima critica che mi sento di fare è sull'ultimo concetto. Una pianificazione che riduca il giocato e annoi è sicuramente una cosa da evitare. Che invece l'improvvisato sia migliore del pianificato non è vero. Innannzi tutto improvvisare non è per tutti (anche se si può imparare). Io faccio schifo ad improvvisare, ad esempio. In secondo luogo anche chi improvvisa egregiamente (o crede di farlo) tende a creare errori logici evidenti che rompono il gusto del gioco.
Il secondo consiglio che il testo propone è di essere mediocri, evitare di cercare di essere divertenti ma cercare invece di essere noiosi, perchè così si diventa divertenti. Questo paragrafo è pura idiozia! L'autore ha perso il senso del testo e non si accorge di stare applicando il concetto della non pianificazione al modo di gioco esprimendolo in modo sbagliato. Non si deve essere noiosi al tavolo perchè non si deve nè pianificare la noiosità così come non si deve pianificare l'essere divertente!
Un'altra cosa che non mi piace, più per come è posta che per la sua correttezza, è il consiglio di scegliere la cosa banale. Viene passata come la regola per fare un gioco brillante, quando invece è solo una parte dell'improvvisazione. Nel mio post preparazione o improvvisazione c'è una tecnica di improvvisazione che parla proprio di questo. Dice che normalmente si va ad improvvisare la cosa più ovvia, ma oltre all'ovvio c'è il sorprendente, l'avvincente e il piacevole!
Infine si parla di tenere la guardia abbassata, di non aver paura di quello che potrebbero pensare gli altri giocatori di fronte ad alcune scelte che potrebbero nascondere caratteri oscuri della propria anima. Non sono d'accordo anche in questo caso con il testo, nel senso che io penso che in gioco ci sia un personaggio e che questo personaggio agisca in base alla sua anima. Non si dovrebbe mai permettere al proprio io di plasmare un personaggio. Il giocatore è colui che interpreta un ruolo, il ruolo è un copione indefinito e scritto dal giocatore, ma non è il giocatore stesso. Per cui non sono d'accordo sul fatto di lasciare che la nostra interiorità si mescoli con quella del personaggio. Il personaggio può essere un mezzo per esprimerla, ma quello che il personaggio fa non è necessariamente condiviso dal giocatore. Un giocatore potrebbe giocare un assassino proprio per enfatizzare quegli aspetti dell'assassino che sono così lontani dai suoi, se abbassiamo la guardia produrremmo solo ombre di noi stessi in gioco e non personaggi con il loro diritto di essere credibili e unici.
Build.
Tutto questo capitolo è basato su un concetto fondamentale: costruire sulle idee degli altri.
Questo concetto andrebbe sempre perseguito, come scrivo anche nelle ragioni del no. E' molto brutto infatti per un giocatore avere un'idea e non poterla perseguire. Sempre però nelle ragioni del no, indicavo alcuni casi in cui bisognorebbe dire di no. Non sono tutti e quel post è focalizzato al rapporto master-giocatore. Mi rifaccio ad uno degli esempi di Play Unsafe, un giocatore vuole cercare un'entrata secondaria, la risposta del master è: "non c'è!". Questa scelta è criticata dal libro, io invece vorrei un po' giustificarla. La risposta ideale, secondo il libro è dire di sì ma aggiungendo un problema (c'è ma è protetta da una trappola). Questa è una tecnica che viene usata anche in Apocalipse World. Invece una struttura fisica è qualcosa che va preparato. Bisogna dare credibilità al mondo di gioco. Nell'esempio, c'è un'entrata con un problema, il giocatore ne cerca una secondaria. Il suo scopo è evitare il problema. Il master gliela fa trovare ma c'è comunque un problema. E' una finta scelta! E' un tecnica di railroad. Dal mio punto di vista se un edificio ha due ingressi, ce li ha, altriementi ne ha uno solo e cercandone un secondo non lo si trova.
Quindi sono d'accordo sul costruire dalle idee di tutti, ma non sempre.
Status.
In questo capitolo vengono descritto il concetto di status del personaggio. Se interpreti un re hai uno status alto, se interpreti un poveraccio basso. C'è un delizioso paragrafo sulla mimica e sull'atteggiamento da adottare in base a questi status. Breve e conciso, niente di brutto da segnalare...
Tell stories.
E' quasi interamente intriso del concetto di costruzione semplice delle narrazione: una situazione normale che viene stravolta. Qualche esempio enfatizza ancora delle tecniche di railroad evidenziando un'incapacità reale dell'autore di distinguere quando si forza la mano da quando si lascia libertà.
Work Together
Anche questo capitolo, come alcuni precedenti, è volto a stravolgere la naturale visione delle cose per un approccio che sembra migliore. Adoro questo capitolo, perchè secondo me esprime lo spirito stesso del gioco di ruolo. Il gioco di ruolo è cooperazione e mi ha sempre rattristato vedere post su vari forum in cui si parla di questo o di quel giocatore che hanno rovinato la sessione o la campagna. Quando il sospetto (un paragrafo parla proprio di questo) lascia il posto alla fiducia tutto si distende e tutto diventa più facile. Non butto via niente di questo capitolo.
In Conclusione.
Non tutto quanto espresso in questo libro è corretto, non tutte le idee sono originali. Alcune volte negli esempi si forza al railroad e non è un bene. Molto però è interessante e corretto, molto di questo testo migliorerebbe molti giochi. Io credo che vada tenuto sempre in considerazione, ma non va preso come una bibbia e nemmeno va preteso.
Il limite più grosso è che manca completamente un capitolo su come convivere con chi non fa nulla di quanto espresso nel testo. L'autore vuole un mutamento, ma il gioco è cooperativo e non sempre si hanno a disposizioni le persone con la giusta sensibilità. Non possiamo semplicemente chiuderci nella nostra elite. Il compito di chi gioca unsafe e anche quello di rendere unsafe gli altri.
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