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mercoledì 21 novembre 2012

Build Richiesta: Corsaro (Corsair) in pathfinder

Ho ricevuto questa richiesta tramite il form di richiesta delle build:
sto cominciando una campagna con il corsaro (pirates of the inner sea) umano
mi servirebbe una build per questo pirata con Falchion!
io avevo pensato a:
1 power attcak dodge e toughness
2 cleave (obbligatoria)
3 furious focus
4 intimidating prowess
5 weapon focus
6 dazzling display
7 great cleave
8 iron will
9 improved critical
10 critical focus
11 greater weapon focus
12 shatter defenses
13 deadly stroke
14 penetrating strike
15 iron will improved
16 staggering critical
17 greater pentrating strike
18 stunning critical
19 weapon specialization
20 greater weapob specialization
Vediamo un po' se c'è qualcosa che può essere migliorato. Il falchion è un'ottima arma per un power player fa un danno che va da 2 a 8 con media 5. Hai il 62% di probabilità di fare un tiro compreso tra 4 e 6. Se optassi invece per la greatsword avresti 2d6 e il 66% di fare da 5 a 9 e media danno 7. Diciamo quindi che su 100 tiri il falchion faccia 15 critici e la greatsword ne faccia 10 e che siano tiri medi (5 e 7) avremmo fatto con il falchion 5*100 + 15*5 = 575 danni mentre con la greatsword avremmo 7*100+10*7=770 danni. Tu avrai da subito cleave e poi great cleave che ti permette di fare un attacco aggiuntivo in cambio di un -2 all'armor, ma solo se colpisci, in aggiunta puoi averlo senza necessariamente prendere il prerequisito power attack. Power attack è controproducente quando usi cleave perchè diminuisci la possibilità di colpire il primo bersaglio precludendo di colpire il secondo. Io invece cercherei di portare più attacchi possibili al massimo bonus (anche se in generale un +1 al danno è meglio di un +1 al colpire). Anche pensando all'idea di avere un critico largo 18-20 fare più attacchi aumenta la frequenza del critico.
Non so, io da quando ho visto che nella lista delle armi da pirata c'è la spada corta e cleave ho pensato ad una build che focalizzasse il combattimento con due armi e la difesa.
Usando la spada corta avremo 1d6 19-20 critico off hand e affiancata alla scimitarra avresti 1d8 18-20 di critico. Con cleave arrivi a fare un potenziale di tre attacchi a round 1d8, 1d8, 1d6. Non è male. Le due armi da sole (senza cleave) hanno il 62% di fare da 4 a 12 e il danno medio è 9. su 100 tiri ne sbaglieremmo però il 10% perchè abbiamo il -2 del combattere con due armi e quindi il danno sarebbe 90*9+3*10+4*15=900 danni. Senza contare che li fai in metà round.
Provo a seguire questa idea che obbligando dex alta riduce un po' i problemi del -2 all'ac di cleave.
Mi fido del tuo numero di feat e li vado a sostituire:
1. two weapon fightning, dogde (che è perfetto per cleave) e al posto di thougness andrei su disorienti maneuver che va in sinergia con l'avere acrobatics che il tuo archetipo usa senza penalità in armatura. L'idea è di fare tumble per mangiarsi la penalità del -2 al combattere con due armi.
2. cleave
3. weapon focus (scimitar)
4. weapon focus (short sword)
5. weapon specialization (scimitar)
6. weapon specialization (short sword)
7. great cleave
8. two-weapon defense
9. improved critical
10. critical focus
11. improved two weapon fighting
12. double slice
13. Greater weapon focus (scimitar)
14. Greater weapon focus (short sword)
15. Greater weapon specialization (scimitar)

16. Greater weapon specialization (Short sword)
17. Penetrating strike
18. greater pentrating strike
19. two-weapon rend
20. iron will

Il penetrating strike è ottimo perchè ad un certo punto tutti avranno resistenza al danno, per cui servirà (ad uno sguardo poco attento sembra circostanziale). Nella mia build è forse un po' troppo in fondo (ma preferisco fare danno in modo da superare la resistenza piuttosto che entrare). In generale è come fare sempre 5 danni in più (e in questa build 10) a chi ha resistenza.
Mi è stato chiesto un parere anche su step up e following step. Penso che siano dei feat inutili per il corsaro. Lo scopo di essi è rimanere ingaggiato in combattimento per impedire al nemico di evitare l'attacco di opportunità. Sono feat utili per quelle classi veloci che girano attorno ai ranghi e tengono bloccati in corpo a corpo i tiratori e i maghi. Il fighter invece deve far fuori i nemici più duri che difficilmente fanno un passo indietro.
Aggiungo anche qualcosa riguardo a dazzling display e a tutto ciò che ne discende. Se lo si sceglie per dare flavour al personaggio o per seguire un background o qualcosa di role play sono giustamente necessari, in termini di vera utilità non mi piacciono. Io non voglio perdere i miei tre attacchi potenziali per intimidire la folla, ci penserà qualcuno con un personaggio da chiacchiera ad evitare la pugna. Se io scendo e meno le mani vuol dire che il morale si abbasserà quando i nemici morti saranno una montagna ai miei piedi!
Se vuoi andare avanti sulla tua idea iniziale ti consiglio quindi di ripensare a questi feat per qualcosa di più concreto (cose che fanno danno, che aumentano il danno, che aumentano la possibilità di colpire, che aumentano la mia difesa, che sfruttino acrobatica in quest'odine).

Per tutto il resto c'è il bardo!


martedì 20 novembre 2012

design basato sullo slancio emotivo

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere questo post su enworld. L'ho trovato molto interessante anche se l'argomento non mi era nuovo e considerando che avevo trattato della cosa già in precedenza su questo blog (il post era: consigli BG, interpretazione e tecnica per i tipi di D&D).
Nel thread di enworld viene descritto il processo di miglioramento al tavolo derivante dal sapere condividere la propria tipologia di giocatore secondo le idee di Robin laws
che ho citato nel post di qualche giorno fa (preparazione o improvvisazione).
Il messaggio iniziale del thread è molto centrato sul ruolo del master e sul gruppo e in somma sintesi dice più o meno questo: se sono un giocatore di un tipo particolare è normale per me tendere a creare situazioni relative al mio tipo, questo non significa che gli altri giocatori le sappiano apprezzare o approcciare nel modo che mi aspetto.
Il termine interessante e che per me diventerà da ora innanzi un termine tecnico con tutti i crismi, che ha usato l'autore di quella discussione è: design basato sullo slancio emotivo
Il modello da lui espresso è semplice, occorre sedersi al tavolo e fa ricadere con sincerità e apertura mentale il proprio stile di gioco nella categoria che meglio si adatta. Sono un casual gamer, un tactian, uno storyteller? A questo punto, scoperto e condivso la tipologia tra i giocatori lo scrittore dell'avventura potrà cercare di stimolare le aspettative dei giocatori per passare dal giocare buone avventure al giocare strepitose avventure.
La visione però dell'autore del messaggio sul forum, mi sembra un po' limitata, egli riconosce al solo DM l'obbligo di contribuire alla storia, mentre io nel post di un anno fa (consigli BG, interpretazione e tecnica per i tipi di D&D) già suggerivo ai giocatori di prendersi la loro parte di responsabilità. Quello che deve essere una sessione è l'unione del lavoro di tutti per cercare di creare belle sessioni di gioco e amicizia. Ogni giocatore dovrebbe preoccuparsi, prima di divertirsi, di far divertire gli altri.
Questo è il punto fondamentale del discorso. E per poter far divertire i miei compagni devo intuire cosa a loro piace fare, quando è il momento di giocare per loro e quando è invece il momento di giocare per me. E, non ultimo, quando è il momento di giocare per il master.
Non avete idea di quanto questo discorso così slegato del tema possa essere applicato ad alcuni post espressi nel forum di gente che gioca al thread Mai più D&D perchè?.
Invito i lettori a dargli un'occhiata perchè ci sono alcuni post veramente ispirati e belli. prima di esprimere le mie considerazioni su alcune parti della discussione che non mi sono piaciute, voglio premettere il contesto in cui sono finito lì.
Come ho avuto modo di descrivere in questo blog, con l'accrescersi degli impegni che la vita porta, diventa sempre più difficile per me sobbarcarmi il lavoro del master di dungeons and dragons questo per il semplice fatto che è un gioco che richiede molta preparazione. Per questo motivo, con non molta voglia, sto seriamente prendendo in considerazione l'idea di abbandonare D&D per un altro sistema. Così ho cercato su google qualche alternativa e sono finito sul quella bella discussione.
Io credo che la somma sintesi del discorso sia espressa in queste parole:

La riuscita di una partita (Tradizionale o Indie) è al 80% sulla fortuna di trovarti al tavolo con gente che è più o meno sulla stessa lunghezza d'onda. Nessun regolamento può metterti al riparo da una partita rovinata da attention whores, drama kings, power players etc. Solo il buon senso (e un briciolo di  maturità) possono farti aprire gli occhi, per questo stesso motivo trovo noiosissimo il muro del pianto che si leva ogni volta che, come cuccioli feriti, si guarda alle proprie origini ludiche "tradizionali" come traumatiche.
Shit happens.
Ci si fa un sacco di pippe sul safe/unsafe, ma tanto siamo sempre in un ambito (il gioco) che tra tutte le esperienze umane è il più safe di tutti, perché in qualsiasi momento puoi uscirne, rifiutarne o cambiarne le regole e non ci sono ripercussioni reali.
Mi rendo conto di quanto sono stato fortunato io, perchè di grossi problemi sull'andare d'accordo non ne ho avuti nella mia esperienza di gioco. C'è da dire che avere un master che viene usato anche come giudice può essere la giusta situazione per dipanare antipatie che si formano al tavolo. Mi è capitato una volta di avere un giocatore che non volesse giocare con un altro e alla fine ho preteso che si chiarissero (solo grazie al fatto che in qualche modo essere il master mi aveva concesso l'autorità per decidere chi giocava o no, che tra l'altro non dovrei avere).
Voglio elencare alcune frasi emblematiche che mi hanno fatto saltare dalla sedia, perchè non trovo concepibile che si possa litigare per un gioco:


  • mi rompe le scatole fare le tattiche, mi rompe tirare dadi sempre e di continuo e mi rompe quando devo sentirmi in colpa perché parlo con un png quando gli altri vogliono andare a mostri
  • ho sempre paura di rovinare la giocata agli altri 
  • Per cui abbiamo provato a fare lo stesso con gli altri. Ma erano una nota stonata. [...]  le sinergie non potranno mai essere perfette 
  • Semplicemente non stavamo giocando tutti lo stesso gioco. 
  • Ma non sa combattere e viene isolato dagli altri PG, che non lo vogliono con sé 
  • Io mi annoio a morte. Lo dico al mio amico, che è, ripeto, un amico fraterno e lui se ne risente, come se gli avessi detto che non è un bravo master...   [...]
Sono solo frasi prese da post anche molto lunghi che a mio modo di vedere simboleggiano tutte la stessa situazione. Ossia che ci si trova al tavolo tra persone che non vogliono giocare per gli altri ma solo per se stessi. E non mi riferisco solo ai compagni di gioco citati nelle frasi che fanno cose che rovinano il gioco all'autore, ma anche all'autore stesso. Un giocatore deve portare pazienza e cercare di fare le tattiche e gli altri devono portare pazienza quando lui parla con i PNG. Non devo avere paura di rovinare la giocata agli altri perchè gli altri sanno che posso farlo e non se la devono prendere. Quando nuovi giocatori entrano nel gruppo vanno tenute in considerazione le loro aspirazioni e non solo le nostre. Non si gioca tutti lo stesso gioco quando nessuno vuole far giocare gli altri. Se non sa combattere gli altri devono attuare un atteggiamento che non gli faccia pesare questo fatto e la storia raccontata deve avere momenti in cui non sia necessario sapere combattere. Se ci si annoia vanno cercati i motivi e risolti assieme.

In questi casi la colpa è stata data ad un gioco, ma probabilmente era un problema di rapporto sociale. 
Quando tutte le persone al tavolo lavorano per un design basato sullo slancio emotivo, le sessioni, in qualunque gioco saranno sempre straordinarie per tutti. Ma per farlo è necessario che i giocatori facciano un passo in più nella loro crescita interiore. 

 


sabato 17 novembre 2012

Movimento tattico in D&D 3.5

Stamattina ho ricevuto queste domande (ma che alla fine sono una sola regola) dal form del sito e con piacere rispondo:

Ciao. Avrei due domande per te. Cosi da darmi delucidazioni.
Oggi dopo molti anni un giocatore mi ha fatto le seguenti polemiche.
Un giocatore che si muove di 1,5 m ed entra nella spazio di portata di una creatura media non incorre in attacchi di opportunità perchè non è un'azione in fin dei conti. Cosa ne pensi? è veramente cosi la regola?
Premetto che è di ded 3.5 che stiamo parlando.
Un umano che fa 9 m nel suo round, può fare un altro passo di 1.5 m per attaccare dato che non è un'azione. è vero?


Il movimento in generale è una azione di movimento, il movimento di 1 quadretto (1,5 m) può essere effettuato solo in quei round dove non sono stati fatti altri movimenti ed è una non azione (almeno questa stupida dicitura è stata tolta in PF). Per cui Un umano che fa 9 m nel suo round non può usarla per fare un quadretto di movimento aggiuntivo. Il riferimento alla regola è a pagina 144 del manuale.
Se un umano fa 9 metri nel suo round ha speso la sua azione di movimento, se fa anche solo un altro quadretto di movimento (1,5 m) consuma la sua azione standard trasformandola in un movimento e quindi non è più in grado di fare l'attacco.

Se un giocatore fa muovere il suo personaggio di 1 quadretto (1,5 m) usando la non azione di pag 144 non subisce mai gli attacchi di opportunità a causa di questo movimento.
Ciò detto, il movimento normale causa attacchi di opportunità solo quando si lascia il quadretto e non quando si entra. Quindi se il giocatore muove il personaggio di 1,5 metri usando la sua azione di movimento ed entra nella zona minacciata (Pag 137) della creatura non subisce l'attacco di opportunità. Non lo subirebbe neanche se si muovesse di 9 metri! E' solo quando si lascia un quadretto minacciato e mai quando si entra. E' chiaro che se si entra in un quadretto minacciato lasciandone uno che a sua volta era minacciato si subisce l'attacco per il fatto di lasciarlo.

Concludo suggerendo di tenere a portata di mano la tabella 8.2 a pag 141 con il sunto delle azioni

venerdì 16 novembre 2012

Preparazione o improvvisazione?

Ci sono momenti in cui il diavolo sembra proprio volerci mettere le corna! Nelle ultime settimane per una serie di sfortunati eventi non ho potuto scrivere il blog, nonostante nella testa mi frullassero una serie di idee come non mi succedeva da tempo.
A voler pareggiare il conto potrei aggiungere che queste idee sembrano proprio frutto della provvidenza che in stane maniere mi ha portato da una semplice critica ad un gioco di ruolo ad una complessa discussione e alla conoscenza di nuovi amici, senza escludere il ritrovamento di alcuni vecchi (in senso buono, anche io ho i miei annetti sulle spalle!).
Tra le cose di cui ho maggiormente parlato ultimamente c'è sicuramente la annosa diatriba tra improvvisazione e preparazione, che vuole essere il tema di questo post.
Tra le mie frasi ricorrenti c'è: "ci si può preparare ad improvvisare" e "si può imparare ad improvvisare".
Io personalmente non mi ritengo bravo ad improvvisare, ma volente o nolente, facendo il master prima o poi mi tocca e fortuna vuole che finora non ho mai ricevuto critiche su quell'aspetto.
Sicuramente quando improvvisavo qualcosa negli anni 90 lo facevo in modo peggiore di come lo faccio adesso (se mai riuscirò a trovare i giocatori per finire la campagna di MOTW avrò lo spettro completo delle tre situazioni, preparato, 50/50, improvvisato) e questo mi porta a pensare che in qualche modo io abbia imparato ad improvvisare.
Visto che di mestiere faccio il progettista software farò un analogia con il mondo dell'informatica, consapevole che in pochi capiranno (ma un amico un giorno mi ha detto che generalmente chi fa i giochi di ruolo o è un informatico o ha una grande cultura, escludendomi dalla zona della cultura ^__^).
Quando si va a scuola per impare a scrivere programmi software la direttiva è: prima pensa, poi tracciati uno schema e quindi implenta il codice. Spesso e volentieri chi fa software omette le prime due parti e scrive il codice di getto. Questo equivale ad improvvisare.  Quando si improvvisa nel software si giunge quasi sempre a due conclusioni: non va una maz. ehm non va niente oppure tutto funziona bene. Quello che fa la differenza è che chi improvvisa senza avere le skill necessarie a farlo finisce quasi sempre a produrre qualcosa che ha lacune, chi invece improvvisa perchè la forza è sua alleata (leggi: ha le skill necessarie) ottiene un successo.
Nei casi di successo dove sono andate a finire le buone direttive del professore delle superiori? Non servivano allora?
La risposta è semplice, sono nella mente dell'improvvisatore.
Con questo esempio voglio quindi sostenere la tesi che non esiste un improvvisazione senza preparazione è solo che chi è bravo ad improvvisare ha in se la capacità di preparare le cose che gli servono in un tempo così piccolo che può essere fatto sul momento.
E' un bagaglio di competenze che gli derivano da anni e anni spesi a giocare e a masterizzare i giochi di ruolo. La prima volta ha dovuto preparare un sacco di roba, poi via via sempre meno e normalmente non ha nemmeno bisogno di tanto preparato per fare sessioni soddisfacenti.
Voglio però tornare all'esempio informatico. Tra le mansioni che ormai storicamente svolgo per le aziende per cui lavoro, c'è l'addestrare i neo assunti. Non mi sognerei mai di dire a loro prima pensa, poi tracciati uno schema e quindi implenta il codice, ma sarò sempre pronto a suggerirglelo quando gli proporrò qualcosa che so che va oltre alla loro capacità di improvvisare il codice. Io stesso in rari casi mi traccio schemi prima di partire a testa basta (le rare volte che devo scrivere codice per un progetto difficile nelle rare volte che scrivo codice ultimamente).
Anche nei giochi di ruolo vale lo stesso, si può improvvisare solo fino al limite della nostra improvvisazione, ma quando si affrontano situazioni complesse che vanno oltre le nostre capacità occorre gioco forza fare della preparazione.
E' quindi realmente necessario scegliere la metodologia? Assolutamente no.
Va però fatto un distinguo, ci sono giochi che volenti o nolenti obbligano alla preparazione, perchè preparazione non è solo trama e PNG è anche statistiche. In quei giochi che sommergono di statistiche (come D&D) occorre preparare almeno quelle.  Altri giochi hanno sistemi così scarni che obbligano all'improvvisazione. Purtroppro però non si improvvisa l'improvvisazione! Allora come può fare il neofita a prepararsi all'improvvisazione?
Si possono inizare a studiare alcune tecniche e spulciando in questo blog troverete qualche consiglio utile. Se volete però una voce più autorevole vi suggerisco: Robin's laws of goog game mastering.
I passi che suggerisce sono i seguenti:

  1. Rilassati
  2. Immagina la cosa più ovvia che possa accadere
  3. Immagina la sfida più avvingente che possa essere proposta
  4. Immagina la cosa più sorprendente che possa avvenire
  5. Immagina la cosa più piacevole per i giocatori
  6. Scegli una tra 2 e 5
  7. Pensa alle conseguenze
Concludo suggerendo la lettura di questo post: a corto di idee. Ci sono capitato qualche giorno fa per caso e l'autore iniziava segnalando che voleva ridurre l'improvvisazione. Ho scritto un commento su quel post per capire il motivo, proprio perchè stavo lavorando mentalmente a questo post e la risposta è stata (però mi raccomando andate a leggere il blog di là): 
Di base ritengo che improvvisare tutto sia fallimentare tanto quanto preparare tutto prima. Come in molti aspetti, una buona via di mezzo è quello che serve. In questo caso specifico però, a mio modo di vedere, non serve trovare esattamente il punto medio tra i due estremi, bensì è necessario spostare l’asticella sui tre quarti in direzione della preparazione. Questo non vuol dire mettere la storia sul binario (e nemmeno sui binari) ma preparare accuratamente una scenografia all’interno della quale i PG si muovono in piena libertà (struttura di tipo sandbox). Perchè? Beh, per 2 motivi principali, il primo lo hai già esposto te giustamente, il secondo è anche più immediato, ovvero di solito le cose pensate, soppesate, valutate ecc risultano più divertenti e avvincenti. Inoltre se, mentre giochi, ti viene un’idea geniale, sei sempre a tempo ad improvvisarla su due piedi, viceversa se avevi pensato di improvvisare tutto poi è troppo tardi per le valutazioni 
E qual'era il primo motivo che avevo detto io? Questo:
Io ad esempio cerco di ridurre l’improvvisazione perchè ho l’impressione che molti giocatori con cui ho a che fare si sentano più “tranquilli” sapendo che non sono io a decidere al volo le conseguenze delle loro azioni, ma un confronto tra la loro azione e quanto previsto dall’avventura. 
Quest'ultima frase so che si presta a polemiche. Ma le polemiche non spaventano chi è convinto delle proprie idee.